Mi trovo qua in Kenya dove resterò per quattro mesi, lontana da casa e col pensiero a mia madre sola. Sto ancora elaborando il lutto di mio padre che cinque mesi fa si è tolto la vita.

Ci sono giorni in cui mi sento arrabbiata, giorni in cui non riesco a realizzare cosa è successo e penso che possa entrare dalla porta da un momento all’altro.

Altri giorni mi sento più comprensiva, mi sembra di aver accettato la situazione e di averlo anche perdonato.

Qualcuno mi ha detto che la miglior medicina è il passare del tempo, qualcun altro che le ferite da lontano bruciano meno. Sta di fatto che sento terribilmente la sua mancanza.

Le ferite non bruciano meno ma in modo diverso. Non si scappa dalla sofferenza perché è dentro di noi e si ripresenta ovunque andiamo.

Mi trovo in un posto impregnato di miseria, fame e malattie e questo secondo qualcuno dovrebbe alleggerire il mio dolore. Ma purtroppo non è così. Addossarsi la sofferenza altrui non diminuisce la propria ma la si vive e la si affronta solo in modo diverso.

Qualcun altro mi ha detto, sei stata fortunata, hai avuto un padre per trentotto anni mentre qui ci sono bambini orfani o abbandonati dalla nascita che non hanno mai conosciuto i loro genitori. Ci penso spesso e le sto vivendo in prima persona queste situazioni.

Ma quando arriva la sera e cala il buio ognuno, in tutto il mondo, si ritrova con la propria solitudine a fare i conti con il proprio dolore.

 

Paola Pedrini

 

 

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