La notte in Kenya non è fatta per dormire ma per contemplare il cielo, la luna e le stelle. Così basse che se allunghi una mano ti può capitare anche di afferrarle.

L’aria è fresca e risveglia i sensi, una tregua al torpore che ti avvolge durante il giorno con il sole a picco sulle spalle.

Gli animali poi, durante la notte, non smettono mai di chiacchierare insieme al fruscio degli alberi mossi dal vento, le canne di bambù si piegano dolcemente e sembrano piangere.

Branchi di cani randagi ululano, piccoli gruppi di scimmie saltano dai rami ai tetti di lamiera delle case insieme ai manghi maturi, la mattina li trovi tutti in terra pronti per essere mangiati.

Le cicale sono fuori mentre i grilli li trovi nella stanza, ogni notte c’è un bambino che piange e i galli iniziano a cantale alle quattro di mattina.

La notte è senza luci ma si impara presto a vedere attraverso il buio, a distinguere le forme e le figure sottili che trasportano bidoni pieni d’acqua sulla schiena.

Poi ti svegli ed è ancora buio. C’è un attimo, prima che il cielo si schiarisca e l’alba faccia il suo ingresso, dove tutto si ferma, immobile. E il silenzio avvolge ogni cosa.

Poi all’improvviso il profumo del chai, il rumore delle prime auto in lontananza, i chiavistelli delle porte si aprono, la voci dei bambini che si incamminano verso la scuola.

Una nuova giornata inizia e ti senti stanco. Stanco e felice.

Con il passare del tempo la vita ti insegna a lasciare le cose, i luoghi, le persone. Ma non dal cuore.

 

 

Paola Pedrini

 

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